LEIBNIZ



LA METAFISICA DELLE MONADI

Secondo il pensiero metafisico di Leibniz, in tutte le cose vi è una realtà sostanziale dotata di energia e di attività autonoma.

Il filosofo critica la prospettiva meccanicistica per riaffermare un punto di vista finalistico e una visione ottimistica dell’universo.

IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI

La tesi centrale consiste nell’idea secondo cui il nostro è il migliore di tutti i mondi possibili.

Leibniz ritiene che sia legittimo pensare che: il mondo che abitiamo non sia né unico, tanto meno necessario, e costituisce soltanto UNO dei tanti mondi che Dio avrebbe potuto creare. Infatti, ancor prima a della creazione, nell’intellettivo divino vi erano tutti i mondi logicamente possibili. Tra ognuno di essi, Dio ha deciso di far venire all’ esistenza il migliore tra questi.  


Principi della natura e della grazia fondati sulla ragione, 10, in Scritti filosofici, vol. I, p. 279

[Nel nostro mondo] la più grande varietà (possibile) è congiunta con il massimo ordi- ne (possibile); il terreno, il luogo, il tempo sono i meglio preparati; la maggior quanti- tà di effetti è prodotta con le vie più semplici; nelle creature si trovano la maggior po- tenza, la maggior conoscenza, la maggior felicità e bontà che l'universo potesse ammettere.



Secondo Leibniz, Dio si propone sempre un fine di bene alle sue azioni, e ritiene che in questa causa finale debba essere ricercato “il principio di tutte le esistenze e delle leggi della natura, perché Dio si propone sempre il meglio e il più perfetto “ (Discorso di metafisica, XIX, in Scritti filosofici, vol. I, p. 86). Dio non fa nulla a caso; tutto ciò che esiste nel mondo ha una causa finale come sua origine, il bene.


Discorso di metafisica, XIX, in scritti filosofici, vol. I, pp. 86-87

Tutti coloro che vedono la mirabile struttura degli animali si trovano spinti a riconoscere la saggezza dell'Autore delle cose e io consiglio a coloro che hanno qualche sentimento di pietà e di vera filosofia di guardarsi dalle frasi di taluni spiriti molto presuntuosi i quali di- cono che vediamo perché ci troviamo ad avere gli occhi e non già perché gli occhi son fat- ti per vedere. Quando si è seriamente in questa opinione, che attribuisce tutto alla necessi- tà della materia o al cosiddetto caso (benché l’una e l’altro debbano sembrare ridicoli a coloro che hanno compreso ciò che noi abbiamo spiegato sopra), è difficile che si possa ri- conoscere un autore intelligente della natura. Infatti, l'effetto deve corrispondere alla sua causa, anzi è conosciuto meglio mediante la conoscenza della causa; perciò è irragionevo- le introdurre una intelligenza sovrana ordinatrice delle cose e poi, invece di ricorrere alla sua saggezza, servirsi delle proprietà della materia per spiegare i fenomeni. Come se per rendere ragione della conquista di un posto importante, fatta da un grande Principe, uno storico volesse dire che ciò avvenne perché i corpuscoli della polvere da il contatto di una scintilla, sono sfuggiti con una velocità capace di spingere un corpo duro e pesante contro le mura del posto, mentre la moltitudine dei corpuscoli, che compongono il bronzo del cannone, erano tanto ben connessi tra loro da non poter essere disgiunti dal- la velocità di quelli; invece di far vedere che fu la preveggenza del conquistatore a fargli sce- gliere il tempo e i mezzi più adatti e fu la sua potenza a superare gli ostacoli.










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